lunedì 3 settembre 2012

Cosmopolis, di D. Cronenberg



Un film che vorrebbe essere un'enorme sintesi di tutte le teorie sulla post-modernità, e quindi, conseguentemente, di tutte le ossessioni del regista canadese: si va dalla spersonalizzazione e reificazione dei rapporti umani nell'era del capitalismo finanziario, alla de-realizzazione-digitalizzazione della realtà e conseguente riduzione di quest'ultima (compresi gli individui) a "flussi di informazione" trans-personali (in un dialogo si parla persino della morte del concetto di computer come "unità a sè stante"); dalla morte del desiderio e del piacere e il suo trapassare nell'istinto di morte (quell' "al di là del principio di piacere" già trattato ampiamente - e molto meglio- soprattutto in "Crash"), coi corpi che si con-fondono coi loro abitacoli e i rapporti sessuali che hanno lo stesso valore umano di un colpo di pistola (pura scarica di energia), all'oblìo dell'umano, del corpo e della carne nella società smaterializzata; infine, sulla voragine che separa l'universo ipercontrollato e programmato del sistema dominante, del potere, da quello invece dei reietti, degli emarginati che vivono fuori dal Sistema, ridotti inevitabilmente ad essere "vite di scarto".
Tutto molto interessante, per carità, ma chi abbia un minimo di familiarità con queste tematiche, con autori come MacLuhan, Baudrillard (da sempre punti di riferimento della poetica cronenberghiana), Levy, Bauman e i vari profeti della postmodernità e della realtà virtuale, probabilmente non proverà nessun particolare sussulto, visto che Cronenberg pare non voler aggiungere troppo di suo a tutto questo, limitandosi a una mera elencazione di tali teorie, per giunta in forma dialogica.

E questo forse è il principale punto debole del film: tutto rimane fermo al livello dei dialoghi, e quindi tutte le varie tematiche vengono passate in rassegna una via l'altra senza un minimo di approfondimento limitandosi ad essere una pura ed impersonale catalogazione di tutti i principali luoghi comuni sulla postmodernità. A differenza degli altri film del regista, in cui le tematiche si facevano immagine, carne, trovando espressione in una forma cinematografica originale e spesso affascinante, qua invece manca proprio l'elemento "cinema".

Certo, è ovviamente una scelta del regista quella di basare tutto sui dialoghi (surreali e strampalati) e su una recitazione straniata, quasi brechtiana, come se i rapporti umani stessi si fossero ridotti a meri "scambi di informazioni" disincarnati fra automi; ma la scelta di affidare tutto ai dialoghi, sembrerebbe tradire anche una certa stanchezza registica, ravvisabile ormai in tutti gli ultimi film del regista, sospetto che sembra trovare conferma nel fatto che i dialoghi siano stati presi pari pari dal romanzo e inseriti nel film, senza pressochè alcuna modifica.

Inoltre, alcuni goffi tentativi di inserire dei tipici "marchi di fabbrica" cronenberghiani che però finiscono per scivolare rovinosamente nel ridicolo involontario (come nella conversazione fra Pattinson e la donna dello jogging, durante la quale mentre il primo viene sottoposto ad un esame della prostata l'altra stritola una bottiglia di plastica fra le gambe per sublimare la tensione sessuale), fanno temere sempre di più che Cronenberg stia rischiando di diventare una parodia di sè stesso, come già sembravano suggerire certe cadute nel pacchiano presenti nel precedente "A dangerous method".

A tutto ciò si aggiungono delle notevoli ingenuità, come la previsione dell'imminente implosione e autodistruzione del capitalismo (cosa che ci auguriamo un po' tutti), premonizzata ad ogni crisi economica dal '29 a questa parte, ma mai avvenuta.

Infine, credo di non aver capito ancora bene il discorso della prostata asimmetrica: l'imperfezione, l'elemento caotico, microscopico e imprevedibile capace di sfuggire alla precisione del calcolo, dovrebbe essere questo a causare lo scacco della pretesa di pianificazione totale del reale che starebbe alla base del sistema capitalistico? Io non ne so moltissimo, ma non sono proprio il caos e l'imprevedibilità a dominare gli andamenti borsistici, fino a diventare un tutt'uno con le leggi del sistema?

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