Come ogni operazione di questo tipo (vale a dire: underground sperimentale weirdissimo con largo uso di simbologie che dia l'impressione di essere un delirio ermetico-metafisico malatisssimo ecc..), "Begotten" è stato subito accolto dagli elogi estasiati di chi ha urlato al genio e al capolavoro, come la scrittrice americana Susan Sontag che lo ha definito "uno dei dieci film più importanti dei tempi moderni" e altre simili cazzate, e d'altra parte, ovviamente, da chi ha non è rimasto del tutto convinto dalla visione. A mio avviso si tratta semplicemente di un'opera cui non vanno attribuiti altri meriti oltre a quello di essere semplicemente "interessante": non un capolavoro nè un film geniale, ma un'opera che merita almeno una visione.
"Language bearers, photographers, diary makers, you with your memory are dead, frozen, lost in a present that never stops passing; here lives the incantation of matter: a language forever. Like a flame burning away the darkness, life is flesh on bone convulsing above the ground". Questa è la didascalia con cui si apre il film, che non è altro che una sorta di personalissimo delirio sulla nascita della natura e la creazione dell'uomo, e sul rapporto fra i due.
La prima scena ci mostra il suicidio di Dio, intento a sventrarsi con un rasoio; dalle sue viscere ed escrementi, ovvero dalla sua materia morta e inanimata, viene generata Madre Natura (con una mascherina nera in viso, suppongo per sottolinearne la "cecità"), la quale, masturbando il cadavere di Dio si farebbe fecondare dal suo seme, dando vita così all'uomo. Quest'ultimo, una volta partorito e ritrovatosi sulla nuda terra, viene immediatamente legato a una fune da quattro esseri incappucciati che rappresenterebbero credo le funzioni vitali (uno dei quattro mi pare di aver capito si chiami "flesh on bone"), che tenendolo strettamente legato e sballottandolo di qua e di là, sembrano nutrirlo, occuparsi del suo sostentamento, ma al contempo torturarlo e stuzzicarlo costantemente con dei bastoni, mentre questi, in preda a continui spasmi e convulsioni, sembrerebbe volersi ribellare a tutti i costi a tale prigionia. Altre inquadrature ci mostrano sempre l'uomo sanguinante tenuto al guinzaglio e trascinato da Madre Natura.
Probabilmente il significato di tutto ciò è che l'Uomo sarebbe succube di una natura cieca e malvagia, fatta semplicemente di pura materia, e che i suoi disperati tentativi di liberarsi da tale dipendenza, il suo anelare a una dimensione superiore, spirituale o trascendente, sarebbero destinati al fallimento, dato che l'oggetto del suo desiderio di elevazione (Dio, il cui seme gli avrebbe trasmesso la tensione verso il trascendente) è morto proprio ad inizio film; tutto insomma non sarebbe altro che materia, la vita non sarebbe altro che semplicemente "flesh on bone convulsing above the ground".
In seguito, altre immagini confuse e convulse ci mostrano i quattro uomini incappucciati uccidere Madre Natura per poi violentarla e smembrarla, e inserirne il corpo in una specie di contenitore che viene a sua volta sotterrato; dopo la morte della Madre, l'uomo si ritrova da solo a strisciare come una larva su una grande spiaggia deserta, ma prontamente i quattro omini sopraggiungono per uccidere e smembrare anche lui; a questo punto, le parti smembrate dei loro corpi vengono ulteriormente spappolate e poi seppellite, in modo da fondere di nuovo insieme Madre e figlio che si rigenereranno da sè, per tornare di nuovo l'uno al guinzaglio dell'altra.
Il film dunque parte abbastanza bene, ma ben presto l'allegoria inizia a girare un po' a vuoto e a diventare stantìa e banalotta.
A destare qualche interesse però è lo stile: il bianco e nero sgranato fino all'inverosimile dilata l'immagine lasciando quasi intravedere la consistenza stessa della materia, dilatando e disfacendo le immagini e le azioni fino all'incomprensibilità; anche il tempo pare abolito: le singole azioni vengono dilatate allo spasimo fino a dissolversi, o a comprimersi ed annullarsi in ogni singolo istante, a perdere consistenza e a sgretolarsi in una serie di atti istantanei e fulminei, che si susseguono inviluppandosi in un continuum indifferenziato.
Tutto ciò che avviene sembra essere il prodotto di mutamenti della materia, sembra di assistere quasi al suo ribollire interno in una dimensione in cui tutto è fuso e indistinto, e ad accentuare questa sensazione contribuisce un tappeto sonoro che accompagna costantemente le immagini, e che riproduce di volta in volta suoni naturali o rumori di carattere organico, dal frinire dei grilli, al respiro umano fino al ribollire di fluidi organici.
Il regista stesso, Elias Merhige, ha ammesso che il limite del film consisterebbe nel suo essere un delirio eccessivamente personale. Nulla da aggiungere.
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